L’emergenza sanitaria globale innescata dalla diffusione del Coronavirus e le conseguenti limitazioni alla vita individuale e collettiva riverberano in modo importante sulla sfera piscologica ed emotiva delle persone e quindi sulla società. L’emergenza sanitaria diventa anche emergenza psicologica, cui si cerca di far fronte con servizi di ascolto e supporto gratuito messi a disposizione ad esempio dal Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi così come dalla Società Psicoanalitica Italiana.Un effetto indiretto dell’epidemia globale che Patrizia Velotti, professore associato di Psicologia clinica alla Sapienza Università di Roma e coordinatrice di uno studio internazionale sull’impatto psicologico del Covid-19, definisce “pandemia comportamentale”.“Le pandemie danneggiano gli individui e le società a diversi livelli causando cambiamenti radicali nelle abitudini di vita. Sul piano individuale insorgono comportamenti legati all’ansia, disturbi del sonno e una generale percezione di malessere che caratterizzano la fase dell’epidemia. Ovviamente tutti questi fenomeni impattano diversamente a seconda dello stato di salute precedente all’epidemia stessa. Allo stesso tempo, sul piano sociale si evidenziano diversi esiti. Una delle prime conseguenze – spiega Velotti ad askanews – è la stigmatizzazione delle persone colpite (si pensi allo stigma sociale relativo ai cinesi nella prima fase di questa pandemia). Vi è inoltre l’emergere di preoccupazioni che attivano una spirale di comportamenti che incidono prevalentemente sulle attività economiche (acquisto, vendita, scambi, ecc.). Tutto ciò – sottolinea la psicologa – incrementa la sensazione di panico preesistente connessa alle minacce di pandemia e destabilizza ulteriormente le persone che persistono nella messa in atto di comportamenti prevalentemente orientati al ritiro sociale. Tali comportamenti favoriscono l’accrescersi della crisi economica. Questa situazione – prosegue Velotti – potrebbe essere intesa come una ‘pandemia comportamentale’, caratterizzata dal dilagare di comportamenti disfunzionali rispetto alla ripresa, un effetto indiretto dell’epidemia globale, connessa con la salute emotiva e comportamentale delle persone colpite e delle loro società”.Aspetti che la ricerca coordinata dalla professoressa Velotti – “SPQR – Support People against Quarantine Risks-An international study on the psychological impact of COVID 19” – intende approfondire, attingendo alle informazioni raccolte attraverso la diffusione di un questionario (disponibile sul sito Sapienza https://www.uniroma1.it/it/notizia/unindagine-sugli-effetti-psicologici-dellisolamento-durante-la-pandemia-covid-19-partecipa) rivolto a tutti i soggetti maggiorenni che si trovano oggi a vivere in contesti sottoposti a forti limitazioni per arginare la diffusione del contagio. Una situazione che oggi si stima interessi circa tre miliardi di persone nel mondo.“Si tratta di una ricerca longitudinale condotta da Sapienza Università degli Studi di Roma (Italia) attraverso una rete internazionale cui collaborano Belgio, Francia, Svizzera, Spagna e Stati Uniti. Lo scopo della ricerca – spiega – è quello di valutare l’impatto psicologico connesso alla situazione di confinamento che sta vivendo la maggioranza della popolazione in questi mesi per individuare possibili aree d’intervento. Tale situazione, infatti, ha in sé diversi aspetti che possono innescare o peggiorare un disagio dal punto di vista psicologico. In particolare, abbiamo deciso di rivolgere la nostra attenzione alle manifestazioni che hanno a che fare con la sfera della depressione, dei vissuti d’ansia e dei livelli di stress esperiti dalla popolazione in questo momento”.“La paura del contagio, la restrizione delle libertà individuali, la riduzione delle attività piacevoli, i lutti, l’adattamento alle nuove modalità lavorative o la perdita vera e propria del lavoro sono soltanto alcune delle circostanze che mettono a rischio il benessere psicologico degli individui in questo periodo. Tra tutte queste, – spiega la psicologa della Sapienza – il nostro studio si focalizza sulle conseguenze negative legate alla situazione di isolamento, deprivazione relazionale e solitudine inevitabilmente derivata dalle misure di ‘distanziamento sociale’ adottate dal governo. Diversi studi hanno già messo in evidenza come una condizione percepita di solitudine sia deleteria dal punto di vista psicologico e richieda un potenziamento delle risorse individuali al fine di gestirne il carico emotivo”.Indagare l’impatto psicologico del Covid-19 per elaborare anche strumenti di intervento, strategie che possano aiutare concretamente le persone a gestire questa situazione emergenziale a cui nessuno di noi era preparato. “L’obiettivo dello studio, oltre a evidenziare il probabile incremento di questa sofferenza, è quello di capire quali sono gli elementi che rendono gli individui maggiormente vulnerabili, o al contrario maggiormente resilienti, rispetto alle conseguenze negative provocate da questi eventi. Questo è molto importante – sottolinea Patrizia Velotti – se vogliamo essere in grado di intervenire efficacemente. Intendiamo infatti fornire indicazioni pratiche che permettano di identificare in maniera tempestiva gli individui maggiormente vulnerabili e di rivolgere loro un aiuto concreto e efficace. Soprattutto, vogliamo essere in grado di disporre di linee guida che ci dicano quali risorse dobbiamo potenziare in questi interventi al fine di garantire, in maniera quanto più possibile tempestiva ed efficace, un aiuto alla popolazione. A questo proposito stiamo indagando il ruolo di alcuni fattori protettivi come ad esempio la capacità di fronteggiare gli stati emotivi in maniera funzionale, l’utilizzo adattivo della tecnologia per sopperire alla situazione di deprivazione relazionale, ma anche altre risorse che hanno a che fare, ad esempio, con il senso di connessione alla natura”.I risultati preliminari della ricerca sono attesi verso Pasqua, mentre le conclusioni saranno disponibili al termine della quarantena nei diversi Paesi. “I risultati – conclude Patrizia Velotti – saranno condivisi con la comunità scientifica in modo che possano contribuire a costituire i riferimenti per le linee guida dei diversi paesi. Contiamo di presentarli alle autorità sanitarie nazionali, europee ed internazionali al fine di sensibilizzare le istituzioni rispetto alla necessità di sostenere ricerche ed interventi in area psicologica. Infine, li diffonderemo in termini divulgativi presso le comunità in modo da favorire la conoscenza del fenomeno e individualmente informeremo i partecipanti interessati rispetto all’esito della ricerca”.
Fonte: askanews.it
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